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Fedeltà e tradimenti.

La cosiddetta “fedeltà” nei rapporti di amore ha ben poco a che fare con il sesso; perlomeno col sesso effettivamente praticato.

Ci sono rapporti nei quali non c’è mai stato un tradimento fisico, sessuale, ma che sono pieni di tradimenti mentali, psicologici.

E ce ne sono altri, nei quali i due partner si concedono parecchie scappatelle sessuali, ma nei quali esiste una sostanziale fedeltà mentale, di anima.

I primi (tradimenti) sono molto più significativi e minano la solidità della coppia molto più dei secondi.

© Giovanni Lamagna

Recensione del film “Napoli velata” di Fernand Ozptek.

Dopo che si è visto un film o assistito ad uno spettacolo teatrale, ma anche dopo aver letto un libro o visto un quadro o una qualsiasi opera che ambisca ad essere definita artistica, di solito la prima domanda che ci poniamo (ancor prima di chiederci se ci è piaciuta o meno) è: cosa ha voluto dire l’autore? cosa è riuscito a dirmi, a trasmettermi?

Ora io, dopo aver visto “Napoli velata” di Ozpetek, faccio fatica a rispondere a questa domanda. E questo non gioca certo a favore di una mia valutazione positiva sul film.

A giudicare dal titolo che l’autore ha voluto dargli, questo sembra essere un film innanzitutto su una città: sembra Napoli, più che Adriana, impersonata da Giovanna Mezzogiorno, la principale protagonista del film.

Se questo è vero, allora viene da chiedersi: quale Napoli ha voluto descrivere Ozpetek? e, soprattutto, con quale intento, con quale scopo? quale immagine di Napoli Ozpetek ha voluto trasmetterci?

A me pare, a riavvolgere il nastro del film, che Ozpetek abbia voluto raccontarci innanzitutto una Napoli dei quartieri alti, la Napoli bene, quella che abita tra Chiaia e Posilippo e che ogni tanto si affaccia nei vicoli e nelle piazze del centro storico, ma non risiede lì: lo frequenta, vi mette ogni tanto piede, ma nella sostanza ne rimane distante.

E’ una Napoli, quindi, alto borghese, se non proprio aristocratica, che, com’è tipico di Napoli, dove i bassi si trovano (anche) sotto i palazzi nobiliari, si intreccia, si interseca con la Napoli popolare, ma ne rimane ben distinta e distante.

E che Napoli è questa Napoli alto borghese, quasi aristocratica?

E’, mi pare, una Napoli torbida, ambigua (come i femminielli, le cui immagini ricorrono frequenti nel film), piuttosto buia (contrastante, quindi con la Napoli solare del popolo o piuttosto degli stereotipi), delle segrete passioni, dei tradimenti, delle gelosie, dei rapporti formali e ipocriti, degli omicidi e dei suicidi.

In questo senso è una Napoli poco appariscente, quasi nascosta, che giustifica e, forse, spiega l’aggettivo “velata” contenuto nel titolo.

E, però, al di là di questi pochi e fugaci schizzi, non sono riuscito a cogliere molto di più in questo tentativo di Ozpetek di fare un ritratto di Napoli, della nostra città, che avrebbe richiesto forse da parte sua una conoscenza molto più approfondita e, soprattutto, una capacità di analisi economico, sociale, storica, culturale e politica, che non è mai stata nelle corde del regista italo-turco.

Per cui il suo tentativo sembra essere rimasto molto allo stato delle intenzioni. Non si è mai trasformato in un vero progetto. E, ammesso, che il progetto ci fosse, a me non sembra sia granché riuscito.

Parallelamente a questa trama, che mi sembra quella fondamentale, scorre una trama secondaria, giocata su una vicenda personale, che francamente non mi è apparsa particolarmente avvincente.

Adriana da bambina ha assistito all’uccisione del padre da parte della madre, che immediatamente dopo si suicida, gettandosi dal terrazzo di casa.

L’omicidio e il suicidio sono stati motivati dalla gelosia: il padre di Adriana aveva una relazione con la sorella della moglie, la zia di Adriana.

La bambina rimane ovviamente traumatizzata da queste due morti così violente, anche se cresce circondata dall’affetto della zia e di un altro zio, Pasquale, omosessuale.

Ha, quindi, difficoltà di relazioni, specie con l’altro sesso. Arriva a quarant’anni (più o meno) senza aver costruito un rapporto stabile e duraturo con un uomo.

Una sera, però, ad una festa incontra un giovane uomo, Andrea: i loro sguardi si incrociano a lungo, scatta il desiderio, finiscono a casa di lei, dove trascorrono assieme una passionale notte d’amore.

La mattina dopo, presto, lui va via. Ma i due si danno appuntamento per il pomeriggio alle 18 al Museo Archeologico Nazionale.

La macchina da presa si sofferma a lungo su Adriana, che aspetta Andrea, e sulle statue, statuette e mosaici pompeiani del Museo. Ma Andrea non arriva.

Adriana torna a casa delusa, anzi disperata.

Il giorno dopo si reca, come sempre a lavoro: fa l’anatomapatologa, esamina cadaveri di persone morte in maniera violenta. Quella mattina si trova davanti il cadavere di Andrea.

Adriana ne rimane ovviamente sconvolta. La sua vita da quel momento non è più la stessa. Le sembra di rivivere per certi aspetti la scena primaria del delitto a cui aveva assistito da bambina.

Quando quella ferita sembrava essersi rimarginata, essa si riapre di nuovo e ricomincia a sanguinare.

Adriana vede Andrea ovunque; arriva addirittura a rivederlo nel gemello, giunto in città alla ricerca del fratello. Qui realtà e allucinazioni si sovrappongono.

Adriana, anche con l’aiuto di un poliziotto rimasto vedevo, che si è innamorato di lei, in qualche modo perfino ricambiato (unica concessione del film ad un incontro vero tra la Napoli “alta” e benestante e quella “bassa” del popolo), un poco alla volta arriva a comprendere che Andrea è rimasto vittima di un delitto di vendetta, per aver venduto come autentica una maschera antica falsa.

In questo delitto c’entrano, probabilmente sono le mandanti, due persone amiche della zia e dello zio, a sua volta assassinato, e perfino una sua collega di lavoro.

Il film si chiude, però, senza che le indagini abbiano avuto una loro conclusione e i colpevoli siano stati smascherati.

Quasi a voler sancire che a Napoli tutto rimane “velato”, come il Cristo della cappella famosa, sulle cui immagini scorrono i titoli di coda.

Film incompiuto, che si va a vedere con molto aspettative, ma che dà molto di meno di quanto aveva idealmente promesso.

Giovanni Lamagna