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Gaudium e apertura all’altro.

Non esiste “gaudium”, gioia interiore, se non nell’apertura all’altro.

All’Altro da sé, innanzitutto.

Che è una forma di liberazione dalla prigione del ripiegamento su di sé, a cui pure tende naturalmente e non di rado la nostra anima, a causa in parte della paura della vita e in parte della pigrizia.

Il rapporto con l’Altro da sé, con quella voce interiore che abita in ognuno di noi, anche se spesso non le diamo ascolto, è il primo moto di apertura dell’anima.

E già esso produce automaticamente una prima forma di gaudium, di gioia, espansione interiore; perché ci fa uscire dalla tristezza e dalla malinconia che sono frutti bacati del malsano ripiegamento su di sé.

Il secondo è l’apertura agli altri in carne ed ossa, che è un movimento non esclusivamente intrapsichico e spirituale, come lo era invece il primo, ma anche fisico e materiale.

Il primo movimento senza il secondo è astratto, puramente teorico, quindi falso.

Il secondo senza il primo è superficiale, epidermico, senza profonde radici.

Entrambi da soli non producono vero “gaudium”; per sperimentare la pienezza della vera gioia interiore vanno vissuti entrambi, all’unisono.

© Giovanni Lamagna