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Nel giorno degli innamorati una riflessione (dolce e amara) sull’innamoramento e l’amore.
Ci si può innamorare di una persona per quella che è già.
Ma ci si può innamorare anche per quella che potrebbe essere o diventare e non è ancora.
Sono due forme di innamoramento: entrambe presenti nella psicologia umana.
Io credo che nell’innamoramento queste due modalità non si escludano affatto, come molti – anche insigni psicologi e psicoanalisti – credono; ma siano, invece, perfettamente compatibili.
L’una è l’altra faccia dell’altra, necessarie – entrambe – l’una all’altra.
Quando ci si innamora, ci si innamora innanzitutto (e indubbiamente) di una persona come essa è già.
Ma ci si innamora anche (e altrettanto indubbiamente) di ciò che ella promette di diventare, cioè del suo essere potenziale.
Tanto è vero che, spesso, quando questa persona tradisce questo suo potenziale, rinuncia cioè a diventare quella che poteva essere e non era ancora, si smette di amarla.
Magari si resta ancora fisicamente, materialmente con lei, perché troppi interessi – di natura, ad esempio, anche banalmente economica – ci legano reciprocamente.
Ma non lo si è più spiritualmente, perché non si cammina, non si cresce più assieme; l’amore in questo caso sfiorisce e il rapporto scade in una stanca, monotona routine.
Quando non diventa addirittura luogo di logoranti contrasti, di ripetitive ed estenuanti discussioni, in certi casi persino di violenti conflitti, talvolta anche fisici.
© Giovanni Lamagna