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L’amore: passione o dialogo? a termine o eterno?
Scrive Diego Fusaro: “Forse, da sempre, abbiamo dell’amore un’immagine incompleta e unilaterale. Confermata da secoli di letteratura e di storia dell’arte. È l’amore come passione incontenibile, come desiderio che non sa trattenersi…
E se l’amore fosse anche altro?…
… opposto al narcisismo, l’amore è un’esperienza duale di verità, che non annulla le differenze, ma le fa coesistere nell’unità amorosa, nella sintonia unitaria in cui l’amore stesso si risolve.
In questo senso, l’amore apre un mondo, che è duale: fa vivere il nuovo nello stesso, poiché il medesimo mondo in cui eravamo come individui acquista ora, nella relazione amorosa, un nuovo significato. Che si dà nel dialogo, nella comunicazione tra i due soggetti ora esistenti come parti di un’esperienza duale di verità. La vita cessa di essere vissuta dal punto di vista dell’uno: è ora vissuta da una prospettiva duale, in cui le due parti non spariscono, ma aspirano all’unità. E quest’ultima – ci suggerisce Friant – è anzitutto dialogo, parola, esperienza vissuta e verbalizzata in forma duale.
Pensare che l’amore possa risolversi nella passione incandescente e nel desiderio incontenibile significa far valere una visione immatura, peraltro coerente con il nostro tempo dell’instabilità generalizzata e della precarietà che si fa precariato sentimentale. Significa fare dell’amore un’esperienza necessariamente a tempo determinato, destinata a “scadere” non appena la relazione assuma nuove figure e nuove forme che, lungi dal farlo eclissare, lo fanno esistere e lo stabilizzano.
Il vero amore si stabilizza solo se v’è dialogo: e cresce mentre si consuma. Diceva Fromm che l’amore immaturo è quello che dice “ti amo perché non posso stare senza di te”, là dove quello maturo e consapevole afferma “non posso stare senza di te perché ti amo”. La sua formula magica – ce l’ha insegnato Lacan – è quell’encore in cui si condensa la fedeltà al medesimo. Che è, poi, anche fedeltà all’inizio, all’evento imprevedibile che ha portato all’incontro da cui l’amore ha tratto la sua esistenza.
La persona amata diventa insostituibile, oggetto di un dialogo infinito con cui la propria esperienza del mondo è sempre di nuovo posta in forma duale. Se è così, diventa possibile sostenere che l’amore può dirsi finito, disseccato ed esaurito quando viene meno il dialogo, la capacità di condividere l’esperienza duale del mondo: quando ciascuno dei due – o almeno uno dei due – rientra in se stesso, abbandonando il dialogo e il progetto di vita duale e tornando a esistere in sé e per sé.”
Sono d’accordo con l’essenza di quello che dice Fusaro: l’amore, l’amore vero, non è (solo) passione, ma è (soprattutto) dialogo. E il dialogo tra due persone può durare anche “per sempre”, non è destinato inevitabilmente, fatalmente a terminare.
Come l’etica oggi prevalente tende a sostenere. Implicitamente, se non esplicitamente.
Può. Ma non è detto che succeda. Perché anche il dialogo può finire. E, allora, l’amore, anche inteso in questo senso, cioè come dialogo, può finire. Non è detto che sia destinato a rimanere in eterno, come vorrebbe, anzi pretenderebbe, il matrimonio cattolico.
Il dialogo può finire. Anche perché uno solo dei due si stanca di dialogare. Come del resto ammette lo stesso Fusaro. E il dialogo, per sua natura è duale. Quindi se uno dei due smette, si rifiuta di dialogare, anche l’altro è costretto ad interrompere il dialogo. Viene meno, quindi, anche il suo amore, non solo quello dell’altro.
Oppure può succedere che, nel corso del dialogo, i due amanti cambino, ciascuno in due direzioni diverse. E allora le loro lingue diventano straniere e non riescono a dialogare più. Perché non ci si capisce più.
Come può succedere che il dialogo sia fatto solo di parole e di ragionamenti. Non coinvolga pure le sensazioni (cioè il corpo) e le emozioni e i sentimenti. In questo caso non è un dialogo che trasforma, che dalle parole passa agli “atti”, alle azioni, ai fatti. Come dovrebbe essere un vero dialogo. E’ un dialogo solo apparente, formale, di facciata, che alla lunga stanca. Che perciò, prima o poi, si estingue. E con esso l’amore.
Quindi, comunque lo si voglia intendere, sia che lo concepiamo essenzialmente come passione, sia che lo concepiamo soprattutto come dialogo, l’amore è una esperienza soggetta alla precarietà tipica della condizione umana. Quando sboccia, tutti si augurano che esso duri in eterno. Ma in realtà niente e nessuno ne può garantire la durata.
Giovanni Lamagna