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Serenità, gioia, felicità

Tutti noi siamo capaci di cogliere istintivamente e distintamente (anche se non sappiamo esprimerle bene a parole) le differenze di grado, di intensità, di tonalità emotiva, che esistono tra gli stati d’animo che siamo soliti definire coi termini di serenità, di gioia e di felicità.

Qui vorrei provare a delineare anche verbalmente queste differenze, che sono a tutti quanti noi di immediata e (mi verrebbe di dire) preverbale evidenza.

La serenità è uno stato d’animo che si riferisce piuttosto ad un’assenza che ad una presenza, ad un vuoto più che ad un pieno.

E’ sereno chi non soffre – in un dato momento della sua vita – di particolari dolori fisici e psichici, del corpo e dell’anima.

Allo stesso tempo chi è sereno non gode però di particolari picchi di piaceri, gioie o felicità, né del corpo né dell’anima.

Potremmo dire dunque che la serenità è uno stato d’animo intermedio tra l’infelicità e la felicità, è un punto di equilibrio raggiunto tra due estremi, due opposti.

Già la gioia, rispetto alla serenità, è qualcosa di più; la gioia aggiunge alla serenità dei pieni di cui la serenità è priva.

I pieni di cui la gioia gode hanno a che fare, però, soprattutto con l’anima, sono piaceri di natura soprattutto, anche se non esclusivamente, spirituale.

Dà gioia l’incontro con la persona amata o con un amico, dà gioia la lettura di un buon libro, la vista di un bel paesaggio, l’ascolto di una bella musica.

La gioia, inoltre, è un sentimento che ha un confine limitato nel tempo: si riferisce ad un singolo episodio della nostra vita; ci sono attimi di gioia, non fasi della vita caratterizzate dalla gioia.

La felicità è un sentimento di una qualità ancora superiore alla gioia, rappresenta un pieno ancora più grande.

Si è felici quando si è pienamente appagati; e non solo nell’anima, ma anche nel corpo.

La felicità esprime lo stato di massimo benessere della condizione umana: l’essere umano è felice quando gode di piaceri spirituali e corporali, quando tutto il suo essere (psiche e soma) esulta ed è soddisfatto.

La felicità inoltre non si riferisce ad un singolo momento, attimo della nostra vita, ma almeno ad una sua fase, che può essere più o meno prolungata.

Manco la felicità, beninteso, è “eterna”, nel senso che dura cioè tutta la vita; tranne nei casi (rari) di persone che potremmo definire particolarmente fortunate.

Ma la felicità, per definizione, non afferisce ad un breve momento della nostra vita: ci diciamo felici quando stiamo bene o, meglio, ci sentiamo pienamente appagati per un tempo piuttosto prolungato.

Non siamo inoltre felici per uno specifico motivo, ma per un complesso di ragioni e di motivazioni che si intrecciano tra di loro.

Mentre le gioie sono, per definizione, limitate nel tempo, durano poco, a volte lo spazio di un mattino, e afferiscono a particolari e determinate situazioni.

© Giovanni Lamagna