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Angoscia e rimozione.

I più preferiscono vivere in una perenne distrazione, lontananza da sé, per non andare al cuore dell’angoscia che abita nel profondo delle loro anime.

Per non prenderla di petto e guardarla bene in faccia.

Pochi preferiscono affrontarla, attraversarla, per non dico sconfiggerla, ma quantomeno domarla, tenerla sotto controllo, impedire che essa li travolga.

Nonostante i tentativi di tenerla lontana, rimuoverla.

© Giovanni Lamagna

Distrazione e male di vivere.

La maggior parte delle persone ritiene che “distraendosi”, cioè allontanandosi dal “centro di sé”, riuscirà a reggere meglio “il male di vivere”.

Ovviamente si inganna.

Fa come chi, avendo saputo di avere una malattia grave, invece di iniziare la terapia prescrittagli dai medici, andasse a farsi una vacanza di piacere.

In questo modo potrà (forse) rimuoverne il pensiero, ma aggraverà la sua malattia.

© Giovanni Lamagna

La distrazione

Sento spesso dire, da più persone, “sono distratto/a”.

E chi lo dice, in questo modo, quasi si autoassolve, come se il suo fosse un piccolo difetto caratteriale o un piccolo “peccato” veniale.

In realtà, la persona che lo dice non è affatto distratta; o, meglio, non è in primo luogo distratta.

Ma è, in primis, dissipata, confusa, disgregata, caotica, priva di un saldo centro interiore.

Che non è un “piccolo difetto” o un “problema di poco conto”.

Poi, per conseguenza e per forza di cose, è anche distratta.

Ma la distrazione è solo il sintomo esteriore e superficiale di un disturbo interiore e niente affatto banale.

Che potremmo altrimenti definire come mancanza o incapacità o nolontà di raccogliersi, di entrare in contatto con se stesso/a.

Quasi un ripudio di sé.

Giovanni Lamagna