Archivi Blog
Il decalogo dell’uomo del dialogo
Non è facile né naturale dialogare.
Non si dialoga perché si è portati in maniera istintiva e spontanea a dialogare.
Si dialoga dopo e perché si è stati o ci si è formati, educati al dialogo.
Per dialogare bisogna, infatti, osservare alcune regole allo stesso modo di come bisogna osservarne altre quando si va alla guerra.
Chi vuole dialogare deve possedere alcune caratteristiche, che lo fanno “uomo del dialogo”; esattamente come chi va alla guerra deve possedere determinate caratteristiche che lo fanno “uomo della guerra”.
Regole che bisogna apprendere e conoscere bene; caratteristiche a cui bisogna formarsi, educarsi; né le une né le altre sono in noi innate.
Non si nasce né ci si improvvisa uomini del dialogo.
Qui di seguito indico alcune regole che, a mio avviso, deve saper osservare l’uomo del dialogo e alcune qualità che lo devono caratterizzare.
1. L’uomo del dialogo deve essere innanzitutto una persona in buona fede: non può essere un mentitore, non può ricorrere a trucchi e furbizie pur di riuscire a prevalere sull’altro.
2. Deve amare la verità più delle proprie opinioni e, persino, delle proprie più profonde convinzioni.
3. Deve essere consapevole che nessuno possiede la Verità, ma che ciascuno di noi è portatore di una sua verità, di uno spicchio di verità.
4. Deve essere dunque una persona flessibile, aperta, disposta a mettere in discussione le proprie opinioni e convinzioni personali.
5. Anche quando ha una opinione consolidata, deve cercare di entrare nel punto di vista dell’altro e verificarne la logica interna, disposto a modificare la propria opinione iniziale quando questa viene messa in discussione dal ragionamento che fa l’altro.
6. Deve essere interessato a cercare e trovare una verità superiore alla sua, non ad affermare la propria “verità” su quella dell’altro.
7. Deve essere disposto a trovare un punto o punti di mediazione con l’altro.
8. Deve essere capace, avere la forza e l’umiltà allo stesso tempo, di rinunciare alla propria opinione quando quella dell’altro si dimostra più vera e convincente della sua.
9. Non deve alzare mai il tono della conversazione: né quello della voce, né quello della discussione; perché “dialogare” è il contrario del “polemizzare”, che è un modo di “fare la guerra” (“polemizzare”: da “polemos”= guerra); il dialogo non è un duello in cui ci si scontra, ma un luogo e un tentativo di incontro.
10. Quando il dialogo è terminato, l’uomo del dialogo non ha mai la sensazione di esserne uscito vincitore o sconfitto, perché nel dialogo chi vince è la verità, non uno dei due dialoganti.
© Giovanni Lamagna
Cercare… trovare… (2)
A volte crediamo, in perfetta buona fede o come diciamo a parole, di stare a cercare.
In realtà non stiamo cercando veramente, perché nel profondo non vogliamo davvero trovare.
E, infatti, non troviamo.
Come è ovvio!
© Giovanni Lamagna
Relativismo e dogmatismo
Personalmente non mi sento né un relativista radicale né un anti-relativista altrettanto radicale, cioè un assolutista, un dogmatico.
Non mi reputo un assolutista e meno che mai un dogmatico, perché ritengo che nessuno di noi possa avere la presunzione di possedere la verità assoluta, cioè di aver compreso la realtà nella sua pienezza, nel suo in sé e per sé.
Nessuno di noi, meno che mai, può affermare la “sua” verità come fosse un dogma, valida cioè per tutti e in assoluto.
Non mi reputo, però, neanche un relativista radicale, perché presumo che ciascuno di noi possa arrivare a cogliere quantomeno uno spicchio, un frammento di verità: la “sua” verità, per quanto parziale, per quanto minima.
Anche se la realtà, quella che noi cogliamo, fosse per ipotesi un sogno, ritengo che comunque questa sia la nostra realtà. Così come i sogni sono nel momento in cui li facciamo la nostra realtà di quel momento.
E che abbia un senso, quindi, sforzarsi di cogliere/conoscere la realtà, allo stesso modo di come ha senso cercare di ricordare i sogni e, per alcuni, addirittura leggerli e provare a interpretarli, come ci ha insegnato la psicoanalisi.
Perché anche i sogni possono essere utili strumenti di indagine e di conoscenza di noi stessi, specie di quella parte (che è poi una gran parte) di noi che ci risulta ancora inconscia.
Ritengo inoltre che tra le diverse verità personali e parziali non ci sia un’assoluta e totale incomunicabilità, come ritengono, invece, i relativisti radicali, gli scettici e i nichilisti.
Al contrario, penso che tra le diverse verità, se ricercate in buona fede e con spirito di apertura, siano possibili non solo il dialogo, ma anche l’incontro fecondo, fino alla compenetrazione e sintesi delle verità parziali che ognuno di noi ritiene di aver compreso e raggiunto per suo conto, fino alla loro reciproca contaminazione.
Compenetrazione, sintesi, contaminazione che, anche loro, non coincideranno mai con la verità assoluta, che resta un miraggio per noi umani.
Compenetrazione, sintesi, contaminazione, che incoraggiano, però, la ricerca della verità, che per noi uomini ha dunque un senso, non è pura illusione.
Giovanni Lamagna