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Saggezza, vita spirituale e ricchezze.

Nel suo libro “I quattro maestri” (Garzanti, 2020), Vito Mancuso afferma che “un rapporto libero con il cibo, con l’alloggio e in genere con la dimensione materiale della vita appare come una condizione essenziale per il conseguimento della saggezza e della profonda felicità che ne deriva.”

E questo vale per ciascuno dei quattro maestri che sono i protagonisti del suo libro: Socrate, Buddha, Confucio e Gesù.

Gesù si distingue, però, dagli altri tre, perché oltre a farsi, come loro, portatore di un messaggio di sobrietà e di distacco ascetico dai beni materiali in nome del superiore valore dei beni spirituali, predica, anzi tuona, duramente contro la ricchezza, perfino contro i ricchi; cosa che gli altri tre, invece, non fecero mai.

Sono famose alcune sue affermazioni e invettive: “E’ più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio.” (Marco, 10, 25); “Guai a voi, ricchi!” (Luca, 6, 24).

Né Socrate, né Buddha, né Confucio ebbero – a detta di Mancuso – una tale concezione della ricchezza e lo stesso atteggiamento duro, sanzionatorio, di Gesù nei confronti dei ricchi.

E Mancuso, anche se non lo dice espressamente, sembra preferire la posizione meno radicale nei confronti della ricchezza e per niente dura nei confronti della persona dei ricchi, che ebbero Socrate, Buddha e Confucio.

Io, invece, opto per il radicalismo di Gesù. E non credo per moralismo o per una malcelata invidia nei confronti delle proprietà materiali dei ricchi.

Mi sono esaminato sotto questo aspetto e credo di poter dire che non sono il moralismo e l’invidia a farmi condividere il radicalismo e persino la durezza di giudizio di Gesù.

E’ piuttosto l’esperienza e l’osservazione della realtà che vedo attorno a me che mi porta ad affermare che ricchezza e vita spirituale sono incompatibili: non ho mai visto, infatti, un ricco, oserei dire addirittura che non ho mai visto un benestante, cioè una persona che ha un tenore di vita che va oltre la media, condurre una vera, profonda vita spirituale.

La ricchezza e, perfino, un eccessivo benessere materiale sono un ostacolo oggettivo (avrebbe detto Marx: “strutturale”) alla pratica di un’autentica, seria, profonda vita spirituale.

Realtà che trova conferma in un’altra affermazione attribuita a Gesù: “… là dove sono le tue ricchezze, lì sarà anche il tuo cuore.” (Luca, 12, 21).

Chi ha delle ricchezze materiali ha, infatti e direi inevitabilmente, lì il suo cuore. E, quindi, non ha spazio per altre ricchezze, le ricchezze spirituali.

Chi fa la scelta della vita spirituale, di dare cioè realmente il primato ai beni spirituali, come prima cosa lascia, se ne possiede, le sue ricchezze, si spoglia di esse.

Come, infatti e non a caso, Gesù suggerisce al giovane ricco: “Se vuoi essere perfetto, va, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; poi vieni e seguimi”. (Matteo; 19, 21).

Ma – prosegue lo stesso versetto del Vangelo di Matteo – “Udito questo, il giovane se ne andò triste; poiché aveva molte ricchezze”.

Che è l’esatta, esistenziale, esperienziale, conferma di come ricchezza materiale e vita spirituale, ascetica, mistica siano del tutto incompatibili tra di loro.

© Giovanni Lamagna