Narcisismo, vanità e scrittura.

7 febbraio 2016

Narcisismo, vanità e scrittura.

C’è sicuramente, nell’atto dello scrivere, qualcosa che ha a che fare con la vanità e col narcisismo. Cioè con l’atto del mostrarsi, dell’esibirsi, del venire allo scoperto e con il desiderio/piacere di farsi dire: “Bravo/a! Mi piace quello che hai scritto”. E’ inutile nasconderselo o negarlo.

A dire il vero questo nesso si può rintracciare anche nell’atto del parlare. Anche quando parliamo, infatti, noi ci mostriamo, ci esibiamo e, in fondo, abbiamo piacere e desiderio che le nostre parole trovino consenso e approvazione. Non parliamo certo per essere disapprovati e, meno che mai, scherniti.

Ma nell’atto dello scrivere questo desiderio e questo piacere sono ancora più forti, perché l’atto dello scrivere, soprattutto quando esso è finalizzato ad una pubblicazione, è più impegnativo, mi verrebbe di dire addirittura più solenne, che l’atto del parlare.

C’è quindi una indubbia componente di narcisismo e di vanità nell’atto dello scrivere.

Allo stesso tempo, però, si può dire che l’atto dello scrivere (come del resto pure l’atto del parlare, ma con la stessa accentuazione a favore dello scrivere di cui prima) è anche un atto di coraggio (in certi casi perfino di audacia), un atto di assunzione della propria responsabilità nell’esporre e sostenere le proprie idee.

Si potrebbe dire, per converso, che chi esita a scrivere e a parlare lo fa non solo perché non si sente all’altezza di farlo, ma anche perché ha paura del giudizio degli altri. In certi casi non vuole esporsi per semplice timidezza, ma in altri perché non accetta il rischio dell’insuccesso, del dissenso, del conflitto.

D’altra parte, se nessuno avesse mai osato mettere per iscritto un testo di una qualsivoglia natura (articolo, saggio, libro, poesia, poema, commedia, tragedia…) per sfuggire all’accusa di vanità e di narcisismo, non si sarebbero avute le opere letterarie, filosofiche, scientifiche, che sono diventate poi patrimonio dell’Umanità.

Per concludere, allora, ogni volta che ci si accinge a mettere penna su carta (ma anche solo a prendere la parola in un consesso, più o meno ampio), conviene, anzi è saggio, porsi la domanda: “Perché lo sto facendo? E’ semplicemente perché voglio mettermi in mostra, perché voglio gigioneggiarmi, farmi notare? O perché lo ritengo buono e utile, non solo e non tanto in vista di qualche mio tornaconto personale, bensì nell’interesse, per il piacere, la gioia, il bene, di quelli che mi ascolteranno o leggeranno?”

E’ opportuno, quindi, che le nostre parole (sia quelle orali che quelle scritte) prima di uscire all’esterno passino attraverso il filtro dell’autocoscienza. Ma, una volta superato (positivamente) questo esame interiore (magari, nel caso del testo scritto, dopo averlo prima fatto leggere a qualcuno/a di cui ci fidiamo, che è in grado di darci buoni consigli e che non possiamo sospettare di piaggeria), conviene “lanciarsi” e “uscire allo scoperto”, prendendo la parola in pubblico o chiedendo a chi può di pubblicare e diffondere ciò che abbiamo scritto.

In questo caso non dobbiamo aver paura di apparire narcisisti o vanitosi più di quanto non dobbiamo aver paura delle nostre insicurezze e della nostra ignavia.

D’altra parte c’è narcisismo e narcisismo.

C’è un narcisismo naturale, fisiologico, che rientra nella norma, da cui non può prescindere nessuna azione umana. Senza questa dose minima di narcisismo nessuna opera umana sarebbe possibile, troverebbe la spinta motivazionale per trasformarsi da idea in realtà.

E c’è un narcisismo patologico, quello che ci annebbia la mente, che ci rende incapaci di dare un giudizio preventivo su quello che vogliamo dire o scrivere, in grado di prevenire (e quindi reggere) il giudizio (e la critica) degli altri, di chi ascolterà o leggerà le nostre parole.

Solo di questo secondo narcisismo ci dobbiamo preoccupare e solo da esso ci dobbiamo difendere e tutelare.

Il primo, invece, è sano, naturale, vitale: ha a che fare con l’amore per se stessi, E lo dobbiamo perfino coltivare.

Giovanni Lamagna

Pubblicato il 7 febbraio 2016, in antropologia, Arte, Filosofia, morale, Psicologia, società con tag , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , . Aggiungi il permalink ai segnalibri. Lascia un commento.

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