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Il confronto alimenta sempre l’insoddisfazione?

Nel capitolo intitolato “Il confronto alimenta l’insoddisfazione” (del libro “La quiete della mente”; Ubaldini Editore; 2021; pag. 44-45) Jiddu Krishnamurti sostiene la tesi che gran parte del malcontento che affligge noi umani dipenderebbe dal fatto che tendiamo a fare continui paragoni, a confrontarci con gli altri “per stabilire chi ha di più o chi ha la cosa migliore”.

A paragonarci “senza soste con il nostro superiore, con il santo, con il ricco o con l’uomo al potere. O addirittura con un ideale o un’immagine che noi stessi ci siamo costruiti.”

Secondo Krishnamurti, questo costante mettersi a confronto genererebbe il nostro malcontento.

Io non condivido quasi per nulla o condivido solo molto parzialmente una simile idea.

Sono senz’altro d’accordo con Krishnamurti quando sostiene che sia sbagliato misurarsi nel confronto con gli altri; soprattutto quando questo confronto genera invidie e gelosie, che sono stati d’animo oltremodo malsani, che intossicano la nostra psiche e le nostre relazioni con gli altri.

Sono molto meno d’accordo con Krishnamurti, quando il confronto con gli altri genera una sana e positiva emulazione; sana e positiva perché attiva la parte migliore di noi, mette in moto le nostre energie, ci rende persone attive e in movimento e non statiche e passive.

Sono ancora meno d’accordo con Krishnamurti, anzi non lo sono per niente, quando il confronto avviene con un nostro Ideale dell’Io, quella che potrei definire anche la nostra vocazione interiore.

Perché sono profondamente convinto che l’uomo, per sua natura, sia portato a trascendersi, a diventare altro da sé, o meglio a diventare ciò che in sé è potenziale e non ancora in atto; a diventare in altre parole sé stesso.

Proprio ciò che Krishnamurti contesta, ravvisandolo come causa fondamentale del nostro malcontento.

Io, invece, penso che l’uomo senza questa spinta fondamentale a trascendersi sia destinato a ripiegare su stesso e a immalinconirsi; che stia proprio qui anzi una delle ragioni del suo malcontento, in certi casi persino della sua infelicità.

Questa è almeno la mia esperienza.

© Giovanni Lamagna