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L’artista e l’opera d’arte.

Io penso che, quando un artista realizza un’opera d’arte (una vera, riuscita, opera d’arte, quella che fa sgranare i sensi di noi spettatori di fronte all’epifania della bellezza) è perché essa, in un certo senso, gli si impone.

Nel momento in cui un artista si accinge a realizzare la sua opera è mosso da una forza alla quale non può resistere: in quel dato momento egli non può non farla, anzi non può fare altro.

L’opera d’arte viene realizzata, quindi, in uno stato di necessità, sotto la spinta di una forza interiore alla quale l’artista non può opporsi.

Pertanto l’opera d’arte, in un certo senso, si fa da sola; l’artista ne è “soltanto” il veicolo, lo strumento, l’esecutore materiale.

Ovviamente indispensabile, insostituibile, perché permette all’ispirazione (tutta interiore) di farsi opera, cioè realtà anche esteriore.

Senza il suo lavoro, infatti, – è del tutto ovvio – l’opera resterebbe un’idea, un conato, un soffio dello spirito, soffocato ancor prima di nascere.

Ma, ripeto, a mio avviso, l’artista è “solo” lo strumento, un semplice strumento, di esecuzione di un’idea, di un’ispirazione.

Quasi come quello che egli usa per renderla realtà: il pennello (nel caso del pittore), lo scalpello (nel caso dello scultore), la penna o il computer (nel caso dello scrittore), il violino, il pianoforte, la tromba… (nel caso del musicista).

© Giovanni Lamagna

La poesia

18 novembre 2015

 

La poesia

 

Ci sono momenti in cui la parola

stanca e opaca

stenta ad uscire

dalla bocca muta.

Rimane in gola come un groppo.

 

La penna scrive ma non lascia traccia

il foglio resta bianco

come il lenzuolo

che copre un corpo

senza vita.

 

Il cuore è spento

e non zampilla.

Solo emozioni scialbe.

 

E’ il momento

nel quale

per comunicare ciò che hai dentro

non serve la prosa

occorre la poesia.

 

La poesia rende fecondo

anche il deserto,

vivo parlante

anche l’arido germoglio.

 

Giovanni Lamagna