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Legge morale universale e astratta. Valori sociali particolari e concreti.

Non si possono definire una volta e per tutte valori universali ed assoluti. Non esistono valori universali ed assoluti. I valori sono sempre storicamente e socialmente determinati.

Quello che possiamo considerare universale ed assoluto – cioè sovratemporale e sovraspaziale – è una certa tendenza/propensione spontanea dell’uomo, di qualsiasi uomo, di qualsiasi tempo storico e luogo geografico, a perseguire il Bene ed a sfuggire il Male; e, per conseguenza, a sentirsi in colpa se non fa il fa il primo e realizza invece il secondo.

C’è, possiamo dunque dire, nell’uomo una certa tendenza/propensione ad uscire dai ristretti confini del suo Io, del suo interesse particolare e individuale, per identificarsi con quello generale e universale dell’Umanità e della stessa Natura che lo circonda.

E’ assoluta, nel senso di universale, questa tensione, perché possiamo rintracciarla, pur tra mille tendenze contraddittorie, in ogni tempo della storia e presso ogni latitudine del pianeta.

Anche se essa è poi più o meno intensa e profonda a seconda dei diversi individui. In alcuni è molto labile, limitata, ristretta, o, addirittura, quasi del tutto assente.

Non sono, invece, assoluti, universali, i valori concreti, specifici, in cui questa tensione/propensione si incarna: quei valori che guidano effettivamente le azioni dei singoli uomini.

Questi valori sono sempre storicamente e geograficamente (quindi sociologicamente e antropologicamente) se non determinati, quantomeno fortemente condizionati.

I miei valori di uomo occidentale del XXI secolo non sono di certo (e non potrebbero esserlo) gli stessi dell’uomo preistorico o di quello che vive (ancora oggi in condizioni molto simili a quelli della nostra preistoria) nella foresta amazzonica e manco quelli dell’uomo nato e vissuto in Europa ma in pieno Medioevo.

La tensione a fare il Bene e ad evitare il Male possiamo dire è la stessa. Ma il bene e il male concreti, quelli che si traducono in azioni e scelte effettive, sono diversi (anche molto diversi) a seconda delle epoche storiche e dei contesti geografici.

Sono assoluti e universali gli imperativi categorici (non a caso del tutto formali e privi di contenuti concreti) di cui parla Kant nella sua “Critica della ragion pratica”.

Sono invece sempre storicamente e geograficamente determinati (e, quindi, diversi tra di loro, spesso anche molto diversi, se non addirittura opposti) i contenuti concreti che vanno a riempire gli imperativi categorici formulati dal filosofo di Konigsberg.

© Giovanni Lamagna