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In amore è più importante la scelta della persona giusta o la nostra capacità di amare?

10 giugno 2015

In amore è più importante la scelta della persona giusta o la nostra capacità di amare?

I problemi dell’amore sono legati più alla scelta dell’oggetto d’amore o all’ esercizio della facoltà di amare, cioè della capacità di amare in quanto soggetto dell’amore?

Erich Fromm, nel suo saggio “L’arte di amare”, non ha dubbi in proposito.

Egli dice: i problemi dell’amore sono legati molto di più alla nostra capacità di amare, in quanto soggetti di amore, che alla scelta dell’oggetto giusto, su cui riversare il nostro amore e ricevere amore.

Mentre il senso comune oggi, soprattutto nella nostra epoca contemporanea, ritiene esattamente il contrario, pensa cioè che la soluzione principale al problema dell’amore sia quello di trovare la persona giusta, cioè quello dell’oggetto d’amore.

Fromm aggiunge che non è sempre stato così, perché in epoche precedenti alla nostra (anche di poco precedenti, come l’epoca vittoriana, che egli cita ad esempio) l’accento era posto più sulla facoltà di amare che sull’oggetto d’amore: i matrimoni, infatti, venivano combinati dalle famiglie di origine o da intermediari, non dipendevano dunque dall’attrazione verso l’oggetto d’amore, ma da altri fattori, più di carattere economico e sociale che sentimentale.

“… era opinione comune che il sentimento sarebbe venuto dopo”. Che, quindi, la facoltà di amare potesse essere esercitata a prescindere dalle caratteristiche dell’oggetto d’amore.

E’ solo da poche generazioni che in amore si dà grande, anzi prevalente, importanza all’oggetto, cioè alle qualità specifiche della persona verso la quale “sentiamo”, “proviamo” amore. Tanto è vero che oggi ci sembra inconcepibile che i matrimoni possano essere combinati dalle famiglie o da intermediari.

Per Fromm questa caratteristica è da collegare al carattere consumistico che ha assunto l’epoca contemporanea, in cui prevale la dimensione del “comperare”, dell’acquisto, dello scambio di merci.

Per cui anche nel rapporto tra le persone ciò che domina è l’idea di trovare e, in un certo senso, “acquistare” persone interessanti, “utili”, attraenti.

Anche (se non specie) nel rapporto di coppia o, meglio, nel rapporto erotico, tra due persone che si innamorano.

Cosa penso di tali considerazioni?

Penso che Fromm abbia in buona parte ragione, che la capacità di amare venga prima, in ordine di importanza, rispetto alla ricerca della persona giusta da amare.

Infatti, io potrei trovare la persona più amabile del mondo e non essere capace di amare. E, in questo caso, il mio rapporto sarebbe destinato ad un sicuro fallimento. Non certo per i difetti del mio “oggetto” d’amore, ma per i miei limiti di “soggetto” in amore.

E però le affermazioni di Fromm in proposito mi sembrano eccessivamente drastiche e, forse, troppo, unilaterali.

Infatti, si potrebbe far rilevare a Fromm che anche in altre epoche storiche la base economica della società ha condizionato, se non determinato, le caratteristiche che assumevano i rapporti d’amore. Che questo condizionamento, cioè, è sempre avvenuto, non avviene solo nella nostra epoca.

Potremmo poi far rilevare che anche i cosiddetti matrimoni combinati dalle famiglie o da intermediari obbedivano a degli interessi economici, erano, in fondo, dei contratti di tipo commerciale. Quasi come lo scambio delle vacche o degli asini al mercato.

Ritengo, infine, che la regola della priorità assoluta e totale della “capacità di amare” valga per certi tipi di amore, ma non per tutti.

Valga, ad esempio, per l’amore fraterno ed universale, l’amore che io sento di dover dare ad ogni essere umano, in quanto appartenente alla mia stessa specie, a prescindere dalle sue caratteristiche, dalle sue qualità e dai suoi meriti.

Valga per l’amore di una madre e di un padre verso i suoi figli, che prescinde (o, in genere, prescinde o dovrebbe prescindere) dalle caratteristiche dei figli e, a volte, anche dai sentimenti dei figli, che non sempre ricambiano quelli dei genitori.

Non valga, invece, per altre due forme di amore: quello di amicizia e quello erotico.

Qui la nostra capacità di amare (che, ripeto, in ogni caso è condizione essenziale per la riuscita del rapporto d’amore) si deve coniugare (è giusto e naturale che si coniughi) anche con la scelta dell’oggetto “giusto” di amore.

Nel caso dell’amicizia e dell’amore erotico non credo che una persona a cui indirizziamo il nostro amore ne valga un’altra e che a contare nel rapporto sia unicamente la nostra capacità di amare.

Il sentimento di amore amicale e quello di amore erotico sono per loro natura (s)elettivi e non universali o incondizionati.

In questi due casi “capacità di amare” e un certo tipo di “oggetto di amore” credo che vadano perciò messi (quasi) sullo stesso piano.

Possiamo cioè diventare amici o innamorarci eroticamente solo di un certo tipo di persona e non di una qualsiasi persona.

In questo senso la scelta della “persona giusta” (in questi due tipi di amore) è altrettanto importante della nostra “capacità di amare”.

Anche se poi qualcuno potrebbe farmi notare (ed io concordo) che la scelta della “persona giusta”, anche questa, in fondo dipende dalla nostra “capacità di amare”.

Se incontriamo la “persona sbagliata” non è mai un caso, ma dipende sempre dalla posizione e dall’atteggiamento sbagliati in cui ci siamo messi quando siamo andati alla ricerca dell’amore (erotico o amicale che sia) e ci siamo illusi di averlo incontrato.

Un amore felice o riuscito dipende quindi sempre in massima parte dalla nostra buona disponibilità ad amare, cioè dalla nostra capacità di amare.

Giovanni Lamagna

Cura degli altri e cura di sé. Teoria e pratica nell’amore.

6 giugno 2015

Cura degli altri e cura di sé. Teoria e pratica nell’amore.

“…ogni tentativo d’amore è destinato a fallire se non si cerca di sviluppare più attivamente la propria personalità;” (Erich Fromm; da “L’arte di amare”).

Questa affermazione mi dice una cosa essenziale: esiste un rapporto stretto tra “capacità di amare” e “sviluppo della personalità”.

Che io leggo così: l’amore (l’amore vero) non è (quasi mai) un sentimento spontaneo, che viene facile, come se fosse un moto naturale, istintivo, scontato.

L’amore non è una pianta selvatica, che cresce da sola, spontanea. L’amore è una pianta da giardino, che va curata e seguita con costanza e dedizione, a volte con spirito di sacrificio.

L’amore è un’arte, come dice Fromm. E, quindi, va appresa, imparandone la teoria e mettendola in atto praticamente. Proprio come si impara qualsiasi arte. Ad esempio, quella del giardinaggio.

Sì, anche la teoria! Perché non tutto ciò che istintivamente crediamo amore è vero amore.

Quanti errori (e, in certi casi, perfino crimini) si commettono in nome dell’amore. E quanti errori (e persino crimini) potremmo evitare se ci applicassimo ad apprendere gli aspetti teorici dell’amore. Ad approfondirne, ad esempio, gli aspetti psicologici (spesso inconsci e, quindi, facilmente ingannevoli).

Anche se poi, ovviamente, la teoria (da sola) non basta. Perché poi la teoria bisogna applicarla, metterla in pratica. E questo vale sempre, per ogni teoria. Mai, però, come nell’amore.

Infatti: “Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli.” (Vangelo di Matteo; 7 – 21)

Esiste, inoltre, un nesso inscindibile tra la “cura del sé” e la “cura degli altri”, la dedizione agli altri.

La cura del sé (è ovvio: la corretta cura del sé) non è un tratto egoistico, egocentrico o narcisistico (come si potrebbe pensare e come alcuni effettivamente pensano), ma, anzi, è una condizione base, essenziale, per poter praticare e sviluppare la (corretta) cura degli altri, un interesse e un amore genuini per gli altri.

Che cosa avremmo, infatti, da dare agli altri se non lo avessimo innanzitutto in noi stessi?

Si è mai vista una sorgente essiccata e inaridita che riesca ad alimentare un corso d’acqua (fiume, torrente o ruscello che sia)?

Si è mai visto un bicchiere che riesca ad essere riempito da una bottiglia vuota?

Giovanni Lamagna