Archivi Blog

Sulla nonviolenza.

Un’amica mi chiede: “L’agire non violento è dato dal carattere o dal temperamento? Il reagire non violentemente è comportamentale, caratteriale, di convenienza, pusillanimità o cos’altro?”

Sono domande interessanti, alle quali vorrei provare a rispondere.

L’atteggiamento nonviolento non è certo un dato temperamentale. Il temperamento è, infatti, qualcosa con cui si nasce, è legato ai geni.

Ora (per me) non si nasce nonviolenti, non si è tali per natura congenita. Piuttosto, penso, noi nasciamo aggressivi. Quindi per natura o, meglio, per istinto siamo violenti. Alla violenza siamo portati a reagire con la violenza. Basta vedere i bambini e i loro comportamenti.

La nonviolenza è, invece, una scelta di vita a cui ci si educa. Nonviolenti si diventa, non si nasce.

La nonviolenza, però, può arrivare a rappresentare un dato del carattere, quando essa è una virtù (nel senso aristotelico del termine), quando cioè è diventata un’abitudine, ovverossia un modo abituale, quasi spontaneo e naturale del comportamento di una determinata persona.

Quando io normalmente mi comporto in maniera non violenta, allora si può dire che la nonviolenza è entrata a far parte del mio carattere. Che, come tutti sanno, è una cosa diversa dal temperamento.

Se io, invece, mi comporto in maniera non violenta non per una scelta e un sentire profondi, ma per convenienza o, addirittura, per pusillanimità, allora non mi posso definire affatto un nonviolento. Sono semplicemente un opportunista o un vigliacco.

La nonviolenza (quella di Gandhi, quella di Lanza del Vasto, quella di Aldo Capitini, tanto per intenderci) non ha nulla a che fare con la convenienza e con la pusillanimità.

Il nonviolento non è uno che si nasconde perché gli fa comodo E nemmeno uno che evita il conflitto, perché gli fa paura.

Il nonviolento autentico guarda in faccia l’ingiustizia e la combatte. Pratica, dunque, spesso il conflitto, non lo seda né tantomeno lo elude. Ma lo fa senza ricorrere alle armi (reali o metaforiche) della violenza.

Semmai il nonviolento espone con coraggio il suo corpo e il suo spirito alle offese della violenza altrui. Quando riceve uno schiaffo, porge l’altra guancia, come consiglia il Vangelo.

E non per ignavia o passività. Ma perché, lucidamente e consapevolmente, intende interrompere con il suo comportamento nonviolento la spirale senza fine di violenza che, con una scelta diversa, inevitabilmente si innescherebbe.

Giovanni Lamagna