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Superficialità, profondità e leggerezza.
16 agosto 2015
Superficialità, profondità e leggerezza.
Un amico mi pone la domanda: “La superficialità è sempre un difetto?” Provo a rispondere, perché mi pare una domanda molto intrigante.
Sì, per me la superficialità è sempre un difetto.
La superficialità, infatti, almeno nel senso letterale del termine, è il modo di essere di chi vive alla superficie delle cose, che è indubbiamente un aspetto della realtà (come la buccia della mela è una parte della mela), ma non è né l’unica né tutta la realtà (così come la buccia della mela non è tutta la mela).
Ora chi vive alla superficie delle cose (nel senso che vive alla giornata, così come viene, senza mai porsi domande sul senso delle cose, senza mai problematizzare la realtà: e ci sono persone che vivono così; non si tratta di giudicarle, si tratta di guardarle per come sono) si impedisce di conoscere la realtà nella sua complessità.
Ovviamente può farlo. E’ liberissimo di farlo. Non ci sarà nessun Dio che lo condannerà per questo. Né alcuno di noi, che non si riconosce in questo atteggiamento, avrà titolo a farlo.
Però si perderà molte delle cose buone e belle della vita. Per restare nella metafora, si accontenterà di mangiare solo la buccia della mela, senza mangiare tutta la mela.
E lo farà il più delle volte senza esserne cosciente. Perché questa è una delle caratteristiche della persona superficiale: che non è mai pienamente consapevole di sé e di quanto lo circonda. Vive come se fosse addormentata o in uno stato di semi-veglia.
Altra cosa è la leggerezza. Che è una caratteristica del tutto diversa dalla superficialità, anche se spesso (ma erroneamente) viene accostata o, addirittura, assimilata alla superficialità.
La leggerezza, infatti, è perfettamente compatibile con la profondità, che è invece l’opposto, l’antitesi della superficialità.
La leggerezza è il contrario della pesantezza (cioè della verbosità, della prolissità, della noiosità, dell’intellettualismo, dell’eccesso di razionalismo, dell’accademismo…) non della profondità (nelle sue varie forme: emotiva, affettiva, sentimentale, intellettuale, spirituale…).
Infatti, si può essere profondi e leggeri, pensosi e leggeri, seri e leggeri, addirittura tristi, addolorati e leggeri. Si può avere il senso del tragico e viverlo con leggerezza. Come ci spiega molto bene Italo Calvino nella prima delle sue “Lezioni americane”.
Mentre chi è superficiale non è leggero; è semplicemente frivolo, futile, banale, ripetitivo; e, in buona sostanza, noioso; spesso è narcisista, egocentrico, talvolta perfino egoista e cinico.
La superficialità è, dunque, per me sempre e comunque un difetto.
La leggerezza è, invece, all’opposto una vera e propria virtù. E beato chi la possiede!
Che si esprime, ad esempio, nell’allegria, nel senso dell’humor (che, come ci ricorda sempre Calvino, è altra cosa dalla comicità), nel senso della misura e delle proporzioni.
Purtroppo, non tutte le persone (pur magari dotate di altre qualità importanti, come la serietà, la cultura, la profondità…) ne sono dotate. E non si tratta di una piccola mancanza!
Per finire: non si può mettere a mio avviso (come invece alcuni sostengono) la superficialità sullo stesso piano della profondità (quasi fossero interscambiabili) e fare (per così dire) di tutte le erbe un fascio.
Infatti, chi va in profondità deve passare per forza di cose per la superficie; mentre non vale l’opposto.
Quando vado a mare, io posso farmi un bagno mantenendomi semplicemente alla superficie, senza scendere sott’acqua, né di poco né in profondità. Chi decide invece di immergersi in profondità deve per forza di cose passare per la superficie del mare.
Ovviamente io sono libero di fare la prima cosa senza fare la seconda. Ma mi perderò la seconda. Mentre chi farà la seconda godrà anche della prima.
Le due scelte, quindi, (a me pare, con tutta evidenza) non possono essere messe sullo stesso piano.
Giovanni Lamagna