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Valori assoluti ed eterni o storicamente e socialmente determinati?

Non si possono definire, una volta e per tutte, valori assoluti, cioè universali ed eterni.

Non esistono valori universali (cioè validi ovunque, in qualsiasi contesto sociale e culturale) ed eterni (validi in qualsiasi epoca storica); i valori sono sempre storicamente datati e socialmente determinati.

Quella che, invece, possiamo considerare assoluta (o, meglio, sovratemporale e sovraspaziale) è una certa tendenza/propensione, connaturata in qualsiasi essere umano (rintracciabile, quindi, in qualsiasi uomo, di qualsiasi epoca e di qualsiasi parte del pianeta), a perseguire il Bene e a sentirsi in colpa se non lo si pratica.

Questo è un dato accertato, che è possibile verificare empiricamente; cosa si intenda invece per “Bene” è un po’ più difficile e complicato da definire; qui ognuno può dire cosa intende lui per “Bene”; quindi io farò la stessa cosa: cercherò di definire cosa intendo io con questo termine.

Per me il “Bene”, più e prima che da certi contenuti, è costituito da una certa tendenza/propensione (che non esito a definire “universale”, perché presente in ogni tempo ed in ogni contesto culturale, sia pure in forme diverse, a volte molto diverse) ad uscire dai confini ristretti del proprio Ego, del proprio interesse e piacere individuale, per identificarsi con quello potenzialmente infinito dell’Umanità e della stessa Natura che ne costituisce l’habitat.

E’ possibile – come dicevo – definire come “assoluta” (nel senso di abbastanza generalizzata) questa tensione, anche se poi essa è più o meno intensa e importante nei diversi individui, tanto che in alcuni (ma solo in alcuni casi estremi) può risultare addirittura del tutto assente.

Non sono, invece, assoluti i valori concreti, specifici, che guidano poi realmente le azioni degli uomini, che sono sempre storicamente e geograficamente (cioè antropologicamente), se non proprio determinati, quantomeno fortemente condizionati da fattori contingenti e limitati, per niente assoluti e universali.

Ad esempio, i miei valori di uomo occidentale, anzi di italiano, anzi di napoletano, del XXI secolo, ma nato a meta del XX secolo, non sono e non potrebbero essere mai gli stessi valori dell’uomo della foresta amazzonica o di quello preistorico e manco dell’uomo nato e vissuto in epoca medievale.

Come – per alcuni aspetti almeno – non sono manco quelli di un tedesco o di un francese (per parlare di popoli a noi molto vicini) o quelli di un giovane italiano e persino campano, nato dopo il 2000, in piena cultura postmoderna, caratterizzata, per fare un solo esempio, da una forte marcatura informatica e digitale.

La tensione a fare il Bene e ad evitare il Male possiamo dire che è la stessa in ogni uomo, di qualsiasi epoca e di qualsiasi regione del mondo.

Ma il Bene e il Male saranno poi concretamente molto diversi per i singoli uomini; saranno (in molti casi vistosamente) influenzati – come già detto – dalle epoche e dai contesti geografici-antropologici, in cui si saranno incarnati.

E nessuno li potrà mai dettare ex cathedra, in quanto unico e assoluto depositario della verità del Bene e del Male.

Questi, bensì, potranno scaturire solo dalla ricerca incessante e dal confronto continuo tra i diversi individui che compongono una comunità sociale e, ad un livello ancora superiore, dal contatto/confronto culturale tra diverse comunità.

Ciò con buona pace dell’ex prefetto di Propaganda fide cardinale Joseph Ratzinger, divenuto poi papa Benedetto XVI, di cui oggi si celebrano i funerali, che vedeva in questo strutturale e ineliminabile relativismo culturale un grave segno di degrado e nichilismo morale, soprattutto della civiltà occidentale.

© Giovanni Lamagna