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La religione ha ancora un futuro?

Nel bell’articolo comparso su “la Repubblica Napoli” di oggi 22 agosto 2021, don Gennaro Matino si chiede “C’è speranza per la fede? Ce n’è ancora per la sopravvivenza della religione?”

E con lucido, quasi spietato, realismo prende atto che da tempo, almeno qui in Occidente, la grande maggioranza delle persone “ha voltato… le spalle alla religione tradizionale”, o, meglio, a quella “burocratizzazione del sacro”, alla quale si sono ridotte la maggior parte delle chiese e delle religioni.

Per aggiungere che non sarà facile invertire questa tendenza, anzi che “siamo ad un punto di non ritorno”; non basteranno certo “nuovi linguaggi che traducano il vecchio catechismo”; “non è solo questione di rinnovamento della chiesa o delle chiese perché la crisi non è questione solo del cattolicesimo”.

“Tuttavia – conclude don Matino – la ricerca di senso, la nostalgia di cielo, di un rifugio in cui accamparsi, l’esigenza di protezione, di accettazione, di conferma non sono diminuite, anzi mai come nel nostro tempo gli uomini sembrano naufraghi in cerca di terra, un approdo dove trovare risposte.”

D’altra parte – egli dice – “il fallimento delle chiese, che certamente è sotto gli occhi di tutti, non migliora per quanto mi riguarda il genere umano, al di là di tutte le colpe degli uomini di chiesa. Perché le domande restano, l’uomo con le sue speranze e le sue angosce pure, e sarebbe un peccato se cercare il cielo fosse soltanto questione di astronauti.”

In estrema sintesi sembra dire don Gennaro: se impareremo a “non giudicare il mondo con le sue scelte, con le sue contraddizioni”, se riusciremo ad “ascoltarlo… umilmente” per capire “dove sta andando”, “sarà ancora possibile annunciare il Vangelo” e far sì “che Dio ritorni ad essere interessante per la gente”; perché la gente non aspetta altro.

Questo mio breve intervento per dire che ho letto con molto interesse e con ancora maggiore rispetto l’articolo di don Matino; che ne condivido in gran parte le premesse analitiche; più volte in altre sedi ho avuto modo di affermare che, a mio avviso, sono entrate in crisi le religioni, ma non sono venute meno le domande fondamentali dalle quali le religioni sono nate.

Ma non ne condivido, invece, (è, però, “parva materia” tra uomini accomunati comunque dalla “buona volontà”) le conclusioni. A mio avviso le religioni, tutte le religioni tradizionali, sono entrate in una crisi oramai irreversibile.

Ascoltare il mondo moderno e contemporaneo significa per me arrivare alla conclusione che sono venuti meno i fondamenti teorici (cioè filosofici) basilari per sostenere l’esistenza di un Dio trascendente, abitatore di un “cielo” metafisico, e di una vita ultraterrena, che ci aspetterebbe dopo la morte.

Questo non vuol dire però – e ciò mi accomuna profondamente ad un uomo di fede (posso dire ancora “tradizionale”?) come don Gennaro – che con la “morte di Dio” sia venuta meno la stessa domanda di senso, di fondamento, da cui le religioni tradizionali sono nate alcuni millenni orsono.

Non vuol dire, in altre parole, che l’unico esito possibile alla crisi delle metafisiche sia la deriva del superomismo narcisista o del nichilismo disperante e autodistruttivo; meno che mai quella offerta come surrogato consolatorio dalle luccicanti seduzioni di un futile e ubriacante iperconsumismo.

Credo, insomma, anche io in un futuro della religione; ma auspico l’avvento di una religione del tutto laica, che prenda il meglio delle varie religioni tradizionali, le depuri dei loro apparati dogmatici, clericali, burocratici, ritualistici, per scoprirne e praticarne l’essenza ancora attuale, il nucleo di verità ancora viva.

Su questo terreno – che, ad essere più precisi, è piuttosto quello della spiritualità che quello della religione in senso classico e letterale – credo che due persone come don Gennaro Matino e (si parva licet) il sottoscritto possano senz’altro incontrarsi; e fruttuosamente, nell’interesse del mondo il cui bene entrambi sinceramente ricercano.

© Giovanni Lamagna