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La verità dell’amore

Dopo aver letto il paragrafo di pag. 170 del suo libro “Logoterapia e analisi esistenziale”, che Victor Frankl intitola “Verità dell’amore”, mi sono venute spontanee e di getto le (semplici, ma sempre utili da tenere a mente) riflessioni che seguono.

Per me nessun amore si può definire eterno; quindi nessun uomo può giurare di amare per l’eternità.

Io posso giurare che farò di tutto perché il mio amore per un/a altro/a duri in eterno, ma non posso giurare amore eterno.

Un amore – al momento in cui nasce – può desiderare di essere per sempre.

Anzi, si può senz’altro dire che nessun amore nasce a termine; ogni amore nasce con l’aspirazione a durare nel tempo, quanto più tempo è possibile; se non proprio per sempre; altrimenti, non sarebbe amore, vero amore.

E, tuttavia, nessun amore può giurare davvero, in piena sincerità, di essere per sempre, perché troppi fattori concorrono a minarne e metterne in discussione la durata.

Niente e nessuno mi può, infatti, garantire che l’attrazione, il desiderio, che io provo per una certa persona in un dato momento siano destinati a durare in eterno e a non trasformarsi, invece, se non proprio nei loro opposti, cioè in odio e rifiuto, quantomeno in insofferenza, ovverossia in perdita e mancanza del piacere che una volta si provava a stare insieme.

Perché gli esseri umani (che ci piaccia o no) cambiano, sono destinati fatalmente a mutare nel corso del tempo; come tutte le realtà presenti in natura siamo esseri evolutivi o involutivi, a seconda dei casi, positivo il primo, negativo il secondo.

Non sta scritto, quindi, da nessuna parte, in nessuna tavola del destino, che i cambiamenti delle due persone, che ad un certo punto della loro vita decidono di mettersi assieme per amore, vadano, nel tempo della loro vita in comune, nella stessa direzione.

E, quando allora i cambiamenti delle due persone, che pure tempo prima si erano messe assieme per autentico e sincero amore, sono andati in due direzioni completamente diverse, se non addirittura opposte, si può onestamente chiedere loro di continuare a stare, a vivere assieme?

La loro vita non diventerebbe in questo caso un reciproco supplizio, un continuo ostacolarsi e calpestarsi a vicenda?

E a che pro i due dovrebbero sopportare tali sacrifici e simili autolimitazioni?

Non è meglio, in questi casi, prendere atto – da parte di entrambi – che l’amore, che li aveva messi tempo prima assieme, si è oramai esaurito?

Dal che si deduce che l’amore non è affatto un sentimento eterno, destinato a durare fino alla morte, come pure all’inizio, quando i due decisero di unire le loro vite, in perfetta buona fede e con piena convinzione credevano, oltre che desiderare e sperare.

L’amore dura finché dura; può durare anche tutta la vita; ma niente e nessuno lo può garantire.

Certo, esso va curato perché duri; nessuna pianta vive se non viene innaffiata ogni giorno; così l’amore non dura nel tempo per moto spontaneo, senza la cura di entrambi i due amanti.

E, tuttavia, manco la cura e l’attenzione a farlo durare basta talvolta a farlo vivere nel tempo; a volte ci sono fattori che lo mettono in crisi, a prescindere dalla cura che gli amanti gli riservano.

Spesso sono i percorsi esistenziali individuali, potremmo anche dire le vocazioni individuali dei due amanti, che allontano i loro percorsi di vita, al di là delle loro buone intenzioni.

In questi casi allora non c’è niente da fare per tenere in vita quella che pure era nata come vera relazione d’amore: bisogna prendere semplicemente atto che l’amore iniziale si è esaurito o, quantomeno, trasformato.

E’ bene a questo punto separare (il più possibile serenamente, quindi consensualmente) le proprie vite, avviandosi ognuno per la sua strada, per la via su cui è stato chiamato (e non è certo questa una colpa!) a camminare.

© Giovanni Lamagna