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Quando è che un rapporto di amore può considerarsi veramente concluso?

12 novembre 2015

Quando è che un rapporto di amore può considerarsi veramente concluso?

Non quando termina quella specie di incantesimo che fa sentire le due persone che si amano una cosa sola, una unità speciale, in cui ciascuno dei due (quasi) perde i confini che lo separano dall’altro (o, almeno, così sente, tale è la sensazione condivisa con l’altro/a).

Questo non è la fine dell’amore, ma solo la fine di quel tempo particolare che caratterizza l’inizio di ogni rapporto di amore e che si definisce comunemente “innamoramento”.

Un rapporto d’amore non può considerarsi veramente concluso neanche quando le due persone che si amano (o si amavano) cominciano ad allontanarsi l’una dall’altra e le loro strade a divaricarsi, magari prima impercettibilmente poi sempre più vistosamente.

L’amore, infatti, anche se in crisi, dura ancora ancora, fin quando in ciascuna delle due persone (o anche solo in una delle due) perdurano la fiducia e la speranza che prima o poi le loro strade torneranno a incrociarsi, che potranno riprendere il cammino interrotto, che l’intesa smarrita e provvisoriamente interrotta potrà rivitalizzarsi nuovamente.

L’amore finisce veramente quando vengono meno sia la fiducia che la speranza che tra chi si è amato possa tornare l’amore, che le strade che un tempo camminavano vicine si sono a tal punto divaricate che non potranno mai più (realisticamente) incrociarsi e camminare assieme.

L’amore che ha perso la fiducia e la speranza non può neanche più definirsi amore.

E forse non è un caso che la teologia cristiana ha accostato da sempre la carità (cioè l’amore) alla fede (cioè alla fiducia) e alla speranza, considerandole addirittura virtù teologali.

Esse formano un nesso inscindibile: se viene meno una, vengono meno anche le altre due.

E, se questo vale per la teologia, vale (guarda un po’!) anche per la psicologia.

Giovanni Lamagna