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Alcune semplici e brevi riflessioni attorno ai concetti di reale, razionale, simbolico, necessario, possibile e accidentale.

Vorrei avviare questa mia riflessione a partire da due affermazioni (molto nota la prima, meno nota la seconda) di due filosofi di grande fama e importanza, Hegel e Schopenhauer.

Hegel: “Tutto ciò che è reale è razionale e tutto ciò che è razionale è anche reale” (da “Lineamenti di filosofia del diritto”; Bompiani 2006).

Schopenhauer: “Tutto ciò che è reale è necessario e tutto ciò che è necessario è anche reale.” (da massima n. 39; “L’arte di essere felici”; Adelphi 2017).

Premetto, di passaggio, che, a mio avviso, le due affermazioni dicono molto del pensiero dei loro autori e denotano con estrema chiarezza la profonda differenza che passa tra la filosofia di Hegel e quella di Schopenhauer.

Quella di Hegel è, come sappiamo bene, una filosofia razionalista e idealista: la realtà è razionale in quanto corrisponde all’idea, che si incarna, appunto, nella realtà.

Quella di Schopenhauer è una filosofia realista e allo stesso tempo fatalista: se la realtà è tale, essa non potrebbe essere altrimenti, è “fatale” (ma non certo razionale) che sia così.

Passo quindi a dare la mia personale lettura/interpretazione di alcuni termini adoperati dai filosofi di cui sopra, anche se due di essi (“possibile” e “accidentale”) non compaiono nelle due frasi citate, ma vengono adoperati da Schopenhauer nell’ambito dello stesso discorso.

Il concetto di “simbolico” non viene usato in nessuna delle due frasi; lo utilizzo io per evidenziarne la distinzione da quello di “razionale”.

E’ “reale” il possibile che non è rimasto al livello puramente teorico dell’idea, ma si è tradotto concretamente nei fatti e nelle cose.

E’ “razionale” tutto ciò che corrisponde ad una logica puramente mentale, astratta; ad esempio, è razionale l’idea che obbedisce al principio di non contraddizione; il che non vuol dire che sia anche reale; altro esempio: le operazioni matematiche sono razionali, ma non sono reali; sono simboliche, non reali.

Il “simbolico” per definizione ha indubbiamente un rapporto col reale, ma, altrettanto indubbiamente, non coincide col “reale”.

E’ “necessario” ciò che non solo era possibile ad un livello teorico e astratto ma che non poteva non realizzarsi.

E’ “possibile” ciò che è nell’ordine puramente intellettuale, teorico, delle cose, ma non si è ancora di fatto realizzato, né è detto che si realizzerà mai.

E’ “accidentale” ciò che si è realizzato, ma poteva anche non realizzarsi.

Fatta questa premessa di natura puramente terminologica, mi verrebbe da dire che sul piano pratico, del reale effettivo, l’accidentale non esiste, in quanto tutto ciò che si realizza (il reale), se si è realizzato, non poteva non realizzarsi e quindi era necessario, non accidentale.

Lo stesso possibile, in fondo, è un concetto puramente astratto e teorico, fin quando non si realizza; e, se e quando si realizza, vuol dire che era anche necessario.

Di conseguenza possiamo dire che gli unici concetti, tra quelli sopra elencati, a cui corrispondono entità concrete, effettivamente sussistenti, palpabili, percepibili, sono quello di reale e quello di necessario.

Il reale, se si è realizzato, vuol dire che era necessario.

E ciò che è necessario non può non essere anche reale.

In conclusione e per quello che può valere, se può interessare a qualcuno, mi sono fatto l’idea che tra le due affermazioni da cui sono partito all’inizio, quella di Hegel e quella di Schopenhauer, sia molto più vicina alla realtà effettiva delle cose quella di Schopenhauer che quella di Hegel.

© Giovanni Lamagna