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La mia filosofia

La mia filosofia è essenzialmente sguardo sul mondo e sull’esistenza.

Non è pensiero astratto, ma piuttosto narrazione, racconto di quello che vedo: dentro di me e attorno a me.

E’ – presumo – sociologia (talvolta antropologia) e psicologia, più che filosofia teoretica, nel suo senso classico.

© Giovanni Lamagna

La mia filosofia

La mia filosofia è essenzialmente sguardo sul mondo e sua descrizione.

Non è pensiero astratto, ma piuttosto narrazione di quello che vedo: dentro di me e attorno a me.

E’ sociologia (talvolta antropologia) e psicologia.

Più che filosofia in senso classico e puro.

© Giovanni Lamagna

Noi e l’obiettività dei nostri giudizi.

7 agosto 2016

Noi e l’obiettività dei nostri giudizi.

L’articolo di Scalfari, comparso su “la Repubblica” di oggi, fa (tra le altre cose) un discorso sulla “oggettività”, che vorrei qui riprendere e commentare.

Sostiene la tesi (la riporto con parole mie, ma credo di non travisarla) che ognuno di noi, in generale, tende a giudicare positivamente se stesso (Scalfari, nel caso specifico, sta parlando di Renzi) e a valutare negativamente gli avversari.

La mia tesi è un po’ diversa. Nel senso che è meno drastica di quella di Scalfari. Non penso, infatti, che l’Io sia inderogabilmente e inevitabilmente condannato a giudicare se stesso e gli altri con due metri di misura opposti.

Penso anche io, ovviamente, che ognuno di noi tenda ad essere più indulgente verso se stesso che verso gli altri e più severo e intransigente con gli altri che con se stesso. Che l’obiettività assoluta, quindi, non esista. E che ogni nostro giudizio sia sempre e comunque viziato da un qualche elemento di soggettività.

E però penso, anche, che la capacità di giudizio e il proprio senso dell’obiettività siano educabili, perfezionabili, migliorabili. Che possiamo cioè imparare ad essere sempre più obiettivi.

Certo, senza mai riuscirci perfettamente e del tutto! Ma in ogni caso penso che sia possibile educarci a diventare sempre meno soggettivi e parziali e sempre più oggettivi ed imparziali.

Che sia possibile, cioè, entrare nel mondo dell’Altro e provare (se non altro provare) a guardare le cose con i suoi occhi, dal suo punto di vista, con la sua ottica.

E perfino, in certi casi, arrivare a convincerci che la sua ottica sia migliore della nostra, fino a decidere di abbandonare la nostra per condividere la sua.

Sembra pensarlo, in fondo, anche Scalfari, quando, accennando al metodo di Sainte-Beuve, afferma: “Il modo migliore per realizzare l’oggettività è di identificarsi con la persona da giudicare, fare propria la sua narrazione e sottoporla all’opinione pubblica”.

Certo, questo modo di essere e di agire non è connaturato all’animo umano! Forse è di pochi, di pochi “eletti”. E in ogni caso esige una scelta, una scelta di vita: la scelta di uscire dal proprio narcisismo, cioè dal sentirsi il centro del mondo.

Ma, per quanto rara e difficile, non è una scelta impossibile. Volendo, credo sia alla portata di tutti noi.

Giovanni Lamagna

Voglia di scrivere e paura di morire.

28 novembre 2015

Voglia di scrivere e paura di morire.

Sono convinto che ci sia uno stretto legame tra la voglia di scrivere e la paura di morire: la prima serve ad esorcizzare la seconda.

La voglia di scrivere è diversa dalla semplice voglia di parlare, raccontare e anche dalla particolare predisposizione alla narrazione.

Perché il parlare, il raccontare con la sola parola orale non lascia tracce, se non nella persona o nelle poche persone con cui capita di parlare.

Lo scrivere, invece, può lasciare una traccia indelebile. E a un pubblico, quello dei lettori, (almeno potenzialmente) molto più vasto di quanto possa essere un pubblico di ascoltatori.

Lo scrivere può rendere (in alcuni casi; anzi, a dire il vero, solo in pochi casi) addirittura immortali.

Perciò, a mio avviso, c’è un intimo nesso tra il desiderio di scrivere e il desiderio di lasciare una traccia di noi dopo la morte, di non morire dimenticati.

Quindi, tra voglia di scrivere e paura di morire.

Giovanni Lamagna