Il caso della Preside romana accusata di aver avuto una relazione con un suo studente.

Il caso della Preside di un liceo romano, “accusata” di aver avuto una relazione (anche sessuale) con uno studente del suo Istituto, stimola riflessioni che vanno al di là della vicenda specifica e investe il tema più complessivo del rapporto tra desiderio e legge, ad usare due termini cui fanno ricorso molto spesso Lacan e la sua scuola di pensiero.

Che tra un giovane poco più che maggiorenne e una donna matura (che per età potrebbe essergli madre) possa insorgere un’attrazione e che questa possa poi sfociare in una relazione anche sessuale non fa certo meraviglia e, a mio avviso, non dovrebbe suscitare neanche scandalo.

Chi di noi, quando frequentava i banchi della scuola media superiore (e, forse, anche quelli della media inferiore), non ha provato attrazione per un/a suo/a insegnante?

E chi di noi, avendo svolto questa professione (ne so qualcosa in prima persona, avendo insegnato per più di 30 anni), non ha provato mai un qualche turbamento e, a volte, persino eccitazione, di fronte a certe studentesse e (perché no?) persino dinanzi ad alunne preadolescenti, particolarmente procaci o seduttive?

Ricordo che ai tempi in cui frequentavo il ginnasio avevamo come docente di inglese una signora, ancora piacente, che avrà avuto più o meno la stessa età della preside romana; in una classe (tutta maschile per giunta) la sua presenza era fonte di una generale “allegria”, chiamiamola così.

I nostri sguardi erano irresistibilmente attratti dalle sue gambe, che trasparivano tra gli spazi aperti della cattedra ed erano motivo di grandi distrazioni; di questa professoressa ricordo ben poco, ma la memoria dell’evidente (e diciamo pure salubre) eccitazione che mi/ci procurava la sua presenza mi è rimasta incancellabile.

Ricordo anche che, più o meno nello stesso periodo, quando ero ancora adolescente, mia madre aveva una frequentazione con una donna forse solo di poco più giovane di lei: bionda (cosa insolita allora tra le napoletane, soprattutto di una certa età) e ai miei occhi molto piacente: questa donna era per me l’immagine stessa (una delle prime in carne ed ossa) della seduzione e fonte di grande attrazione e desiderio.

Credo che non ci sia nulla di insano nel fatto che un ragazzo possa provare attrazione e desiderio anche sessuale verso una donna che potrebbe essergli madre o che una ragazza possa provare attrazione e desiderio anche sessuale verso un uomo che potrebbe esserle padre.

Anzi credo che questa attrazione e questo desiderio siano inscritti nella natura stessa dell’attrazione e del desiderio sessuali, che trovano la loro prima scaturigine proprio nell’attrazione e nel desiderio (anche sessuale) provati nei confronti dell’oggetto primario (la madre per il bambino e il padre per la bambina).

Tale attrazione e desiderio possono, anzi, trovare proprio nella differenza di età un potente incentivo, in quanto la tenerezza, stimolata dalla associazione alla figura materna o paterna nel giovane o nella giovane, si unifica, forse, in questo modo (come non sempre, anzi di rado, succede tra i partner di pari età) con la pulsione erotica e sessuale, che si rafforzano così l’una con l’altra.

Credo altresì che non ci sia nulla di insano nel fatto che una persona adulta e persino matura possa provare attrazione e desiderio anche sessuale per una persona più giovane, anche di una generazione più giovane della propria.

Sia perché, anche in questo caso, al desiderio squisitamente erotico e sessuale può associarsi il sentimento di tenerezza che in genere prova un padre o una madre per la propria figlia o il proprio figlio, con i probabili effetti che ho descritto prima.

Sia perché la verifica della propria capacità di seduzione nei confronti di un partner o di una partner molto più giovane conferma ed alimenta ovviamente il proprio senso di virilità o femminilità, in altre parole di potenza erotica e sessuale.

Verifica alla quale può risultare difficile sottrarsi o che può diventare addirittura irresistibile in una fase (quella tra i 50 e i 60 anni) in cui questa potenza inizia fatalmente, anche se gradualmente, a declinare e a generare, quindi, sentimenti di ansia o persino angoscia, per quanto latenti ed inconsce.

Visto esclusivamente da questo punto di vista, il caso della preside romana e del suo alunno non ci rivela dunque nulla di particolarmente nuovo o eclatante: l’attrazione e il desiderio reciproco che possono aver provato i due presunti amanti non hanno nulla di innaturale e neanche (se non per i bigotti e per i sessuofobi) di veramente scandaloso.

Ovviamente (non sarebbe manco il caso di farlo qui rilevare) il fatto non ha nessuna rilevanza penale, essendo il ragazzo già maggiorenne, anche se di poco.

E tuttavia esso può (e direi anche deve) essere analizzato pure da un altro punto di vista: quello dell’etica professionale.

Ci sono atti che sono del tutto naturali; che possono essere giudicati scandalosi solo dal punto di vista di un’etica puritana e pruriginosa; atti che, meno che mai, costituiscono reato; e che, però, dal punto di vista dell’etica professionale, sono da ritenere inopportuni, inadeguati, illeciti e, quindi, da sanzionare.

E’ questo il caso dello psicoanalista (e ce ne sono stati di molto illustri, ad esempio Jung, che sono incappati in questa defaillance) che si innamora della sua paziente e dà inizio ad una relazione con lei.

E’ il caso del professore o della professoressa o di un preside o di una preside che si lasciano andare ad una relazione erotico-sessuale con qualcuno/a dei/le loro alunni/e.

In questo caso non ci troviamo solo in presenza di una relazione asimmetrica sul piano dell’età; cosa che – dal punto di vista delle emozioni, dei sentimenti e degli affetti – ha poca o nessuna rilevanza.

Ma ci troviamo in presenza di una relazione asimmetrica sul piano del “potere” in senso lato, che può prefigurare il vero e proprio plagio.

Tra paziente e psicoanalista, come, in una certa misura, anche tra una figura educativa quale è l’insegnante e il suo allievo, viene e a instaurarsi una relazione transferale che è essa stessa e strutturalmente l’oggetto dell’azione terapeutica o di quella educativa.

E’ pertanto scorretto (e, quindi, illecito dal punto di vista dell’etica professionale) utilizzarla per e destinarla a scopi altri, avendo per così dire (con un’espressione impropria) il coltello dalla parte del manico, ovverossia il potere improprio per farlo.

© Giovanni Lamagna

Pubblicato il 31 marzo 2022, in cenni autobiografici, costume, educazione, erotismo, etica, morale, Psicologia, sessualità, società con tag , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , . Aggiungi il permalink ai segnalibri. Lascia un commento.

Lascia un commento