Noi e l’obiettività dei nostri giudizi.
7 agosto 2016
Noi e l’obiettività dei nostri giudizi.
L’articolo di Scalfari, comparso su “la Repubblica” di oggi, fa (tra le altre cose) un discorso sulla “oggettività”, che vorrei qui riprendere e commentare.
Sostiene la tesi (la riporto con parole mie, ma credo di non travisarla) che ognuno di noi, in generale, tende a giudicare positivamente se stesso (Scalfari, nel caso specifico, sta parlando di Renzi) e a valutare negativamente gli avversari.
La mia tesi è un po’ diversa. Nel senso che è meno drastica di quella di Scalfari. Non penso, infatti, che l’Io sia inderogabilmente e inevitabilmente condannato a giudicare se stesso e gli altri con due metri di misura opposti.
Penso anche io, ovviamente, che ognuno di noi tenda ad essere più indulgente verso se stesso che verso gli altri e più severo e intransigente con gli altri che con se stesso. Che l’obiettività assoluta, quindi, non esista. E che ogni nostro giudizio sia sempre e comunque viziato da un qualche elemento di soggettività.
E però penso, anche, che la capacità di giudizio e il proprio senso dell’obiettività siano educabili, perfezionabili, migliorabili. Che possiamo cioè imparare ad essere sempre più obiettivi.
Certo, senza mai riuscirci perfettamente e del tutto! Ma in ogni caso penso che sia possibile educarci a diventare sempre meno soggettivi e parziali e sempre più oggettivi ed imparziali.
Che sia possibile, cioè, entrare nel mondo dell’Altro e provare (se non altro provare) a guardare le cose con i suoi occhi, dal suo punto di vista, con la sua ottica.
E perfino, in certi casi, arrivare a convincerci che la sua ottica sia migliore della nostra, fino a decidere di abbandonare la nostra per condividere la sua.
Sembra pensarlo, in fondo, anche Scalfari, quando, accennando al metodo di Sainte-Beuve, afferma: “Il modo migliore per realizzare l’oggettività è di identificarsi con la persona da giudicare, fare propria la sua narrazione e sottoporla all’opinione pubblica”.
Certo, questo modo di essere e di agire non è connaturato all’animo umano! Forse è di pochi, di pochi “eletti”. E in ogni caso esige una scelta, una scelta di vita: la scelta di uscire dal proprio narcisismo, cioè dal sentirsi il centro del mondo.
Ma, per quanto rara e difficile, non è una scelta impossibile. Volendo, credo sia alla portata di tutti noi.
Giovanni Lamagna
Pubblicato il 29 agosto 2016, in Filosofia, morale, Psicologia, società, Spiritualità con tag avversari, centro del mondo, Eugenio Scalfari, giudizio, gli altri, identificarsi, mondo dell'Altro, narcisismo, narrazione, oggettività, opinione pubblica, Sainte-Beuve, soggettività. Aggiungi il permalink ai segnalibri. Lascia un commento.
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